(di Paolo Sarti)
Probabilmente l’ipocrisia verbale ha visto il suo massimo nell’uso di termini come “non vedente” (=cieco), “non udente” (=sordo), “operatore ecologico” (=spazzino ), per non parlare del top, al limite della presa in giro: “diversamente abile” (=handicappato).
Sembrava fosse finita e già qualche illuminato stava cominciando a reinserire nel suo vocabolario i vecchi termini, per rendere giustizia alla sofferenza e al disagio umano.
Ma, come ormai ci ha insegnato la società odierna, al fondo non c’è limite! Ecco quindi un nuovo contributo alla barbarie verbale: “escort” (= prostituta) e, fresca di ieri su La Repubblica, edizione fiorentina, “drag queen” per parlare di un travestito.
Ma qual è il problema di questi giornalisti così propensi e pronti a rilanciare questi “modi di non dire”: vogliono sembrare chic o più colti? O forse sono in imbarazzo a parlare con chiarezza delle problematiche sociali? O vogliono proteggere i bambini, notoriamente incolti nella lingua inglese, dalle miserie della natura umana?
Il dubbio che mi inquieta è che vogliano far assurgere a dignità di professioni il degrado della persona e della relazione. Le ipotesi dunque sono tante ma quest’ultima mi sembra oggi, in questa fase storica e politica, la più accreditabile: dare modo a chi “fruisce” di queste nuove professioni di salvarsi l’immagine pubblica, attraverso una pseudo pulizia del linguaggio.
Berlusconi e tanti altri maschi italiani come lui... in fondo si sono solo rivolti a dei professionisti!
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento